TECNOLOGIA, AMBIENTE & SOCIETÀ

RICICLARE I COCCI PER ABBELLIRE LE CITTÀ

La proposta di Antonino Navanzino, 38 anni, studioso della ceramica di Caltagirone (Catania) è senz’altro singolare: riciclare i cocci di ceramica decorata per abbellire le città, a partire dalla sua. Muri grigi trasformati dai tipici colori delle ceramiche siciliane, piazze impreziosite da mosaici, persino percorsi cromatici per i turisti. Navanzino dice: «Solo a Caltagirone ci saranno un centinaio di botteghe che lavorano la ceramica. Il cinque per cento della produzione, però, subisce dei danni: come un vaso che può andar bene quando lo decoriamo, ma poi si spacca in forno». Se la crepa è lieve, tutto si aggiusta. Ma nel due per cento dei casi, calcola Navanzino, l’opera può rompersi e i cocci finire nell’immondizia. «La legge ci impone di smaltirli come rifiuti speciali - continua - che vengono ritirati una volta all’anno e vanno a finire in discarica». È uno spreco di materiali e un costo per l’impresa che potrebbero essere evitati... «abbellendo così i muri grigi di ingresso alla città oppure le piazze, con appositi progetti realizzati da architetti, ingegneri o dalle stesse botteghe artigiane». Progetti da far realizzare «con piccoli finanziamenti, magari a muratori disoccupati». Ha pensato proprio a tutto Navanzino. Che sogna in grande: «Si potrebbero creare sui marciapiedi dei percorsi turistici cromatici, utilizzando i cocci per creare mosaici in verde, blu o giallo, i colori tipici delle ceramiche siciliane». Un’apposita legenda spiegherebbe ai turisti che il percorso verde li porterà tra gli edifici barocchi di Caltagirone, quello blu tra il neogotico, e così via. L’arte della ceramica che diventa arte di strada. «Lo facevano già gli Aztechi e in altri Paesi europei si continua con successo», dice fiducioso Navanzino. Come il Portogallo e la Grecia, ma soprattutto la Spagna, patria delle policromie di Antoni Gaudì.

C. Campese, Riciclare i cocci per abbellire le città, «CTZEN», 31/08/2012


ANTONI GAUDÌ (1852-1928)

Architetto che legò la sua attività alla città di Barcellona. Tra le sue opere sono famose la chiesa della Sagrada Familla, il Parco Guell, alcune case private tra cui Casa Milà e Casa Batllò. Un carattere distintivo delle sue creazioni fu l’impiego, nei rivestimenti delle superfici e dei volumi esterni, di piastrelle rotte e composte a mosaico.

7 LE FIBRE TESSILI

Le fibre tessili sono in uso sin dall’antichità in tutto il mondo.

Si distinguono due tipi di fibre tessili:

1.    le fibre naturali (per esempio la lana, il cotone, il lino e la seta) che sino a fine Ottocento sono state le sole a essere filate e poi tessute;

2.    le fibre artificiali, che sono state create in laboratorio partendo dalla cellulosa. La prima fu la viscosa, fabbricata alla fine del XIX secolo (dapprima chiamata “seta artificiale” e, dal 1924, rayon), e solo nel 1935 comparve il nylon, la prima di una lunga serie di fibre sintetiche.

7. 1 CHE COSA SONO LE FIBRE TESSILI?

Le fibre tessili sono un insieme di elementi che, grazie alla loro struttura e alle loro proprietà, possono essere uniti in un filo continuo, resistente e flessibile, che a sua volta può essere usato per essere tessuto.

7. 2 IL CICLO DI LAVORAZIONE DELLE FIBRE TESSILI

Le fibre tessili vengono sottoposte a diverse fasi di lavorazione: la filatura, la tessitura e il finissaggio.

7. 2. 1 LE OPERAZIONI DI FILATURA

La filatura è l’insieme di operazioni che trasformano una fibra tessile in un filo resistente e uniforme: può avvenire manualmente o con

l’aiuto di macchinari FIG. 42.

Analizziamo, per esempio, la filatura industriale del cotone, a partire

dalla balla di cotone.

►    Preparazione e apertura. I fiocchi di cotone vengono puliti, miscelati e scomposti per togliere le impurità.

►    Battitura. Dopo l’apertura meccanica delle fibre alcune macchine, i battitoi, riducono la massa fibrosa a uno strato di ovatta.

►    Cardatura. Lo strato di ovatta passa in mezzo a due cilindri dotati di denti metallici che separano le fibre, le districano e le orientano in modo parallelo, ottenendo il nastro di carda.

►    Pettinatura. Il nastro passa alle macchine pettinatrici, le macchine che ordinano ancora meglio le fibre, eliminando le più corte. Le fibre attraversano un imbuto condensatore, che le riduce in nastri.

►    Stiratura. I nastri che arrivano dalla pettinatura vengono affiancati e stirati per renderli più sottili e omogenei e subiscono una leggera torsione: infine il nastro di stiratoio viene avvolto da una macchina che lo trasforma in stoppino, un filo non ancora resistente.

►    Filatura ad anello. Per ottenere un filato davvero resistente, lo stoppino viene reso ancora più sottile con stirature e torsioni successive: è la filatura ad anello, che lo trasforma in filato.

►    Tintura dei filati. Dopo la filatura si può procedere alla tintura dei filati. Il bagno di colore può essere realizzato con decotti di sostanze naturali o con sostanze chimiche, come le aniline, disciolte in acqua.



FIGURA 42 Macchinari per le operazioni di filatura.

7. 2. 2 LE OPERAZIONI DI TESSITURA

La tessitura consiste nel realizzare un tessuto intrecciando in vari modi più filati FIG. 43. Il tessuto più semplice da creare è quello costituito dall’intreccio di due gruppi di fili:

-    il primo, l’ordito, è un sistema di fili (in genere i più resistenti) disposti sulla lunghezza del tessuto;

-    il secondo, la trama, è un sistema di fili disposti in modo perpendicolare ai primi, nel senso della larghezza del tessuto.

Le fasi della tessitura sono quelle che seguono.

►    Preparazione dell’ordito. I fili che provengono dalle rocche della filatura vengono avvolti in modo parallelo fra loro (con tensione uniforme e uguale lunghezza) su un cilindro che alimenta il telaio, chiamato subbio dell’ordito.

►    Preparazione della trama. Il filato destinato alla trama viene arrotolato su speciali bobine, le spole, che vengono inserite nella navetta. Il colore delle spole cambia a seconda del colore di fondo che dovrà avere il tessuto.

►    Passaggio nei licci e nel pettine. I fili di ordito vengono fatti passare dentro gli occhielli dei licci (supporti metallici che alzano e abbassano i fili di ordito), e fra i denti del pettine del telaio. Ogni capo dei fili di ordito viene poi fissato sul subbio del tessuto.

►    Inserimento della trama. A questo punto, mentre i licci alzano e abbassano ritmicamente i fili d’ordito, la navetta si inserisce rapidissimamente nello spazio che si crea tra un filo e l’altro nel senso della freccia, con un percorso di andata (mentre i licci si alzano) fino a tutta la larghezza del telaio, e di ritorno (mentre i licci si abbassano). Tra un passaggio e l’altro della navetta, il pettine spinge il filo di trama contro quello precedente.

►    Formazione del tessuto. Ripetendo numerose volte queste operazioni, il telaio formerà il tessuto che verrà avvolto sul subbio del tessuto.



FIGURA 43 Telaio per tessitura a navetta.

7. 2. 3 LE OPERAZIONI DI FINISSAGGIO

Il finissaggio è l’insieme delle lavorazioni che migliorano l’aspetto del tessuto.

► Mercerizzo. Usato soprattutto per i tessuti di cotone, è un bagno in soda caustica: serve ad accorciare e gonfiare la fibra, che diventa

più lucida e resistente.

► Stampa. Con coloranti speciali che si chiamano paste di stampa, si realizzano disegni a più colori, con una tintura localizzata. I coloranti vengono poi fissati con un trattamento a vapore.

Altri trattamenti finali sono rivolti a rendere i tessuti ignìfughi (antifiamma), antimacchia FIG. 44 e resistenti alle pieghe.



FIGURA 44 Un tessuto trattato antimacchia.

7. 3 I DIVERSI TIPI DI FIBRE TESSILI

Le fibre tessili possono essere:
- naturali, costituite da materiali di origine vegetale oppure animale;
- artificiali, ottenute rendendo filabili sostanze naturali che non possiedono questa proprietà;
- sintetiche, derivanti da sostanze chimiche.

7. 3. 1 LE FIBRE TESSILI NATURALI DI ORIGINE VEGETALE

Provenendo dalle piante, le fibre vegetali sono composte principalmente da cellulosa. Possono essere ricavate:
- dalla peluria che ricopre i semi, come il cotone;
- dal fusto della pianta, come il lino, la canapa, la iuta;
- dalle foglie, come la sisal FIG. 45.

Il cotone
La pianta del cotone è coltivata in regioni dal clima caldo-umido. Viene piantata in primavera e, circa tre mesi dopo la semina, sbocciano i fiori che, cadendo, lasciano sulla pianta le capsule che poco alla volta si gonfiano. Dopo circa 6-7 settimane le capsule maturano, raggiungendo le dimensioni di un uovo e ricoprendo i semi con una bianca peluria.
La fibra di cotone è costituita da filamenti lunghi fino a 50 mm, ed è composta per il 95% da cellulosa.
Speciali macchine separano la fibra ottenendo il cotone grezzo, detto anche bambagia, che viene pressato in balle inviate poi agli stabilimenti di lavorazione. Le balle di cotone vengono portate alla filatura dove il materiale viene cardato: la fibra viene cioè dipanata e pettinata in modo da formare una specie di nastro, dal quale uscirà, a seconda delle lavorazioni, un filato più o meno liscio e compatto. Gli usi del cotone sono molti: dal filo per cucire e ricamare, ai tessuti per l’abbigliamento (è il tessuto più utilizzato per i capi di vestiario), ai tessuti d’arredamento, all’ovatta per le imbottiture, fino al cotone idrofilo e alle bende usate nella sanità.

Il lino

Il lino si ricava dal fusto di una pianta di circa un metro di altezza, che si adatta a climi diversi, ma preferisce le regioni a clima umido e temperato.

Il lino si semina molto fitto, in modo che le piante non crescano troppo vigorose: è un sistema che mantiene le piante sottili, facendo sì che le fibre rimangano fini e morbide.

Poiché le fibre della pianta sono tenute insieme da un collante naturale, la pectina, occorre separarle per mezzo di una macerazione in acqua tiepida. Il materiale così

ottenuto viene fatto passare in mezzo a dei rulli che dividono la fibra, chiamata filaccia, dalle altre sostanze. Le fibre vengono poi sottoposte a una pettinatura che consente di comporle in matasse poi inviate alle operazioni di filatura e tessitura.

Il filato di lino produce tessuti di ottima qualità per lenzuola e biancheria per la casa.

Altre fibre vegetali: canapa, iuta e sisal

La canapa è stata una fibra usatissima dall’uomo fino a circa 50 anni fa, quando è stata sostituita, a causa degli alti costi di lavorazione, da altre produzioni.

Le fibre tessili si ricavano dal fusto della pianta e sono molto simili a quelle del lino; anche la lavorazione dalla pianta ricalca le fasi descritte per il lino.

La canapa viene usata per produrre tessuti, cordami e cellulosa per carta ►FIG. 46.

Oltre che per la fibra, la canapa può essere coltivata per ricavarne i semi, che hanno un alto contenuto in proteine e sono considerati un possibile rimedio per le carenze alimentari dei Paesi in via di sviluppo. La iuta si ricava da una pianta tropicale FIG. 47 la cui fibra è piuttosto ruvida e anche il filato che si ottiene ha le stesse caratteristiche. Viene quindi impiegata per confezionare sacchi per imballaggi di ottima qualità e tappeti; mescolata con altri filati, serve per produrre borse, cinture e cappelli.

Infine, con la fibra ricavata dalle foglie della sisal si fabbricano corde, ceste e tappeti.


FIGURA 46 Pianta di canapa e tessuto.    FIGURA 47 Pianta di iuta e tessuto

7. 3. 2 LE FIBRE TESSILI NATURALI DI ORIGINE ANIMALE

Le fibre animali possono essere ricavate:

-    dal pelo che ricopre alcuni mammiferi;

-    da un lungo filamento prodotto dalle ghiandole di particolari insetti (come il baco da seta).

Le principali fibre animali sono la lana e la seta. Queste fibre sono costituite da proteine. La proteina della lana si chiama cheratina, mentre quelle della seta sono, in massima parte, la fibroìna e la se-ricìna.

La lana

Il termine lana, usato senza una specificazione, è riferito alle fibre tessili ottenute dal pelo della pecora domestica, che in primavera viene sottoposta a tosatura, cioè al taglio del pelo; la lana che se ne ricava è chiamata lana vergine.

Le lane prodotte usando il pelo di mammiferi diversi dalla pecora, indicati come peli fini, prendono il nome dall’animale da cui derivano come di seguito specificato.

-    Angora: è ottenuta dal pelo del coniglio d’Angora (una regione della Turchia) FIG. 48 a pagina seguente.

-    Mohair: è ricavata dal pelo della capra d’Angora, allevata soprattutto in Sudafrica, in Turchia e negli Stati Uniti.

- Cashmere: prende il nome da una razza di capre della regione indiana del Kashmir, diffuse anche in Cina, Iran e Afghanistan FIG. 49.
- Alpaca e Vigogna: sono lane derivate da due tipi di lama delle Ande FIG. 50.
- Cammello: è ottenuta dal dromedario africano e dal cammello asiatico) FIG. 51.
- Merinos: proviene da una pecora originaria della Spagna ma allevata in Australia, Nuova Zelanda, Africa e Sudamerica da cui si ottiene una lana molto fine e pregiata) FIG. 52.
Vediamo ora quali sono le caratteristiche che distinguono la qualità della lana.
- Lunghezza della fibra. Quanto più le fibre sono lunghe e sottili, tanto più le lane sono pregiate.
- Colore e lucentezza. Le lane che più si avvicinano al bianco sono le più pregiate.
- Potere isolante. Trattenendo un buon volume d’aria, la lana si comporta come un buon materiale isolante, mantenendo il corpo a una temperatura costante.
- Elasticità. La lana è la fibra naturale più elastica, pur non essendo molto resistente alla trazione.
La lana è normalmente impiegata per maglieria, coperte, cappelli, capi d’abbigliamento come cappotti, giacche, pantaloni, ecc.

La seta
La fibra della seta consiste in un filamento che viene prodotto dalle larve di un insetto, il bómbice del gelso, chiamato comunemente baco da seta FIG. 53. La larva del bombice nasce da uova della dimensione di circa un millimetro ciascuna e, nutrendosi in modo molto vorace delle foglie di gelso, cresce raggiungendo velocemente la lunghezza di circa 9 cm e il diametro di circa 1 cm. A questo punto smette di mangiare, si rifugia tra i rami e comincia a produrre, da speciali ghiandole che ha sui lati della bocca, due fili di bava composti da una proteina chiamata fibroìna che si saldano insieme grazie a un’altra proteina di consistenza gommosa chiamata sericìna. La larva, muovendo la testa intorno al suo corpo, in 3-4 giorni si imprigiona da sola all’interno di questo “gomitolo”, costituito da un filo lungo tra gli 800 e i 1200 metri, che prende il nome di bòzzolo. All’interno del bozzolo il baco si trasforma in crisàlide e, dopo circa due settimane, fora il bozzolo per dispiegare le sue ali di farfalla. Per evitare che la farfalla fori il bozzolo, questo viene raccolto dopo circa una settimana dalla costruzione e sottoposto a stufatura, cioè al riscaldamento fino a una temperatura di circa 75 oC, che causa la morte della crisalide. I bozzoli vengono poi sottoposti alla cosiddetta trattura, cioè immessi in acqua calda per far sciogliere la sericina e per dipanare il filamento di seta grezza. La seta possiede una tenacità, cioè una resistenza, di circa tre volte superiore alla lana, una buona elasticità e un’ottima igroscopicità.

7. 3. 3 LE FIBRE TESSILI ARTIFICIALI

Le fibre artificiali impiegate nell’industria tessile si ricavano rendendo filabili sostanze naturali che non possiedono tale proprietà.

Sono ottenute dalla cellulosa, che viene disciolta per mezzo di processi chimici. La soluzione ricavata viene filtrata e fatta coagulare per formare dei filamenti più o meno lunghi.

Analizziamo di seguito alcune fibre artificiali.

►    Rayon. È una fibra di aspetto trasparente: sciogliendo la cellulosa con la soda caustica si ha una soluzione chiamata viscosa. Facendo passare la viscosa attraverso piccoli fori si ottiene un filamento dal quale è possibile ricavare un tessuto di particolare lucentezza, tanto da essere chiamato seta artificiale.

►    Acetato. È una fibra che deriva dal trattare la cellulosa con l’acido acetico. Da questa base si ricavano, attraverso lavorazioni diverse, la fibra per i filtri delle sigarette, le pellicole cinematografiche, le montature degli occhiali, le schermature per le lampade. Con la tessitura si ottiene un prodotto molto usato per le fodere dei vestiti, grazie alla sua lucentezza.

7. 3. 4 LE FIBRE TESSILI SINTETICHE

Le fibre sintetiche sono ricavate da prodotti derivati dal petrolio che vengono trasformati in filamenti di lunghezze diverse.

Le fibre tessili create in laboratorio sono sostanze formate da catene di polìmeri, ovvero da molecole costituite da molte parti uguali che si ripetono in sequenza.

►    Fibre acriliche. Sono composte da propilene e ammoniaca sottoposti ad alta temperatura. Ne esistono di molti tipi, con diverse denominazioni: per esempio orlon, leacrìl, dralon. Le fibre hanno un colore giallognolo, sono morbide e di aspetto lucido, sono tenaci e vengono filate e tessute come il cotone e la lana.

►    Kevlar. Creata nel 1965, è una fibra dalla grande resistenza meccanica, al calore e alla fiamma diretta. Viene dunque usata per tute e indumenti per sport e lavori estremi, per la fabbricazione dei giubbotti antiproiettile e per parti di aerei e imbarcazioni.

►    Poliestere. È usato spesso in combinazione con il cotone, specialmente nell’abbigliamento sportivo e nell’arredamento. È inoltre molto impiegato nei teloni per i mezzi di trasporto e negli usi medicali.

►    Alcantara. È una mescola di poliestere (68%) e poliuretano (32%) che forma un tessuto resistente alle macchie. Viene impiegato nell’arredamento e negli interni delle automobili.



Esempi di tessuti in fibre acriliche, kevlar, poliestere e alcantara.

7. 4 GLI IMPIEGHI DELLE FIBRE TESSILI

Le fibre tessili possono essere utilizzate per:

-    realizzare capi di abbigliamento;

-    confezionare tessuti per l’arredamento (tappeti, rivestimenti di divani, poltrone e sedie, lenzuola e biancheria di vario tipo);

-    produrre materiali usati per gli imballaggi e per le imbottiture, teloni e tessuti isolanti;

-    fabbricare interni di automobili, parti di aerei e imbarcazioni.


7. 4. 1 LA CONFEZIONE DEGLI ABITI
La confezione degli abiti, fino agli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, era un’attività tipicamente artigianale, svolta da laboratori di sartoria. Oggi la produzione dei vestiti è quasi del tutto industriale e il sarto crea di solito solo modelli esclusivi, di gran qualità ma anche di costi superiori.

I BLUE JEANS - per saperne di PIÙ!

Contrariamente a ciò che si può pensare, i blue jeans non sono un’invenzione americana: è in Italia, precisamente a Genova, che cominciò la storia di questo capo di abbigliamento. Fin dal Cinquecento, veniva chiamato blue de Genes (“blu di Genova”) un particolare tipo di tela di colore blu, molto resistente, che si usava sulle navi per le vele o per coprire le merci imbarcate. La storia ci racconta che persino Giuseppe Garibaldi, che ebbe un passato di marinaio, portasse spesso i jeans. È a partire dal 1850 che la parola jeans si usò non per identificare il tessuto, ma per indicare un particolare tipo di pantaloni. A San Francisco un commerciante di nome Levi Strauss, insieme al socio Jacob Youphes, produsse un modello di pantaloni con cinque tasche, molto resistente, rivolto alle necessità dei cercatori d’oro. I jeans rimasero un abito da lavoro fino al dopoguerra, quando diventarono, grazie anche al lancio operato da divi del cinema e della musica, un indumento per il tempo libero. Per un decennio circa i blue jeans furono il simbolo dell’insofferenza e del disagio giovanile, ma dal 1970 in poi importanti case di moda fecero dei jeans un capo “firmato”; in seguito (e ancora oggi) prodotti da importanti firme o da fabbricanti poco conosciuti, i blue jeans sono i pantaloni preferiti da giovani e meno giovani, i più indossati in tutto il mondo.

7. 5 IL RICICLO DEI TESSUTI

Riciclare abiti e tessuti è una forma di riciclo meno conosciuta rispetto a quella di altri materiali.
In alcune città ci sono contenitori dove poter lasciare abiti usati (ancora in buono stato), da destinare a persone bisognose, tramite le associazioni che se ne occupano FIG. 54. Esiste però anche la possibilità di riciclare i tessuti stessi. Infatti i residui delle lavorazioni dell’abbigliamento, ma anche abiti e tessuti dismessi, possono essere sottoposti a sfilacciatura e cardatura per poi essere riutilizzati come fibre rigenerate.
I tessuti riciclati vengono utilizzati nella produzione di panni spugna e altri articoli per la pulizia, per la fabbricazione di tappeti e moquette, come imbottiture per mobili e materassi o per la produzione di pannelli isolanti per l’edilizia.
I vantaggi del riciclo dei tessuti sono molti, tra cui:
- non si impiegano nuove risorse poiché la materia prima deriva da scarti già esistenti;
- si utilizzano meno acqua, coloranti e prodotti chimici rispetto alla produzione di nuovi tessuti.

STUDIAMO INSIEME
• Per quali scopi vengono utilizzati i tessuti riciclati?

GANDHI, TESSITORE DI PACE - per saperne di PIÙ!

Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948) fu un politico e filosofo indiano. Guida spirituale, oltre che politica, per il suo Paese, era ed è conosciuto con il soprannome di Mahatma (“Grande Anima”). Gandhi fu il padre dell’indipendenza dell’India dal dominio inglese e il fondatore della politica della disobbedienza nonviolenta, anche attraverso l’atto del tessere a mano. Tutti gli indiani avrebbero dovuto, secondo Gandhi, tessere i propri abiti in modo tale da non comprare i tessuti di origine britannica. Egli affermava spesso che «Un Paese rimane in povertà, materiale e spirituale, se non sviluppa il suo artigianato e le sue industrie e vive una vita da parassita importando manufatti dall’estero». Il khadi, il tipico tessuto indiano filato a mano, diventava così un simbolo della riscossa indiana. Gandhi si fece insegnare la tecnica di filatura da alcune donne che ancora conoscevano questo antico metodo. Così, nel 1919, dopo aver indossato il primo dhoti (un indumento che portavano gli uomini indiani, simile a un pareo) filato con le sue mani, invitò tutti gli indiani a fare la stessa cosa, confezionando i tessuti per non comprare più le stoffe inglesi. Lo strumento della filatura era una specie di arcolaio a forma di ruota, chiamato charkha, la cui immagine stilizzata, raggiunta l’indipendenza, venne inserita al centro della bandiera nazionale che, ancora oggi, la legge indiana vuole che sia tessuta in khadi.

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