2 Le macchine semplici

2 LE MACCHINE SEMPLICI

2. 1 CHE COS’È UNA MACCHINA SEMPLICE?

È una macchina semplice quella che non è possibile smontare o smembrare per ottenere macchine più piccole.

Normalmente usiamo i nostri muscoli per vincere o equilibrare una forza (per esempio, un peso). I nostri muscoli esercitano una forza motrice o potenza, mentre la forza che cercano di vincere è detta forza resistente o resistenza.

Spesso però i nostri muscoli non hanno la forza sufficiente per muovere quanto necessario: in questi casi i muscoli vengono sostituiti da una macchina semplice in grado di esercitare la forza motrice che occorre.

Ciò che ci spinge a usare una macchina, è trarre un vantaggio in termini di impiego di energia. Mettendo in relazione il vantaggio che traiamo con la resistenza di quanto dobbiamo spostare e con la potenza esercitata dalla macchina, possiamo scrivere: 


Vantaggio = Resistenza/Potenza


Se il vantaggio è uguale (=) a uno (V = 1), ovvero la forza motrice ha lo stesso valore della forza resistente, la macchina si dice indifferente. “Indifferente” non significa, però, inutile. Spesso, infatti, l’impiego della macchina può anche essere quello di applicare la forza motrice in modo più comodo e adatto. Un esempio tipico è l’uso del bastone da parte di una persona che ha difficoltà nel camminare a causa di un piede rotto: il bastone trasmette a terra il peso attraverso la mano che lo impugna e questa spinta compensa o rimpiazza la forza che il piede non può esercitare.

Le principali macchine semplici sono la leva e il piano inclinato:

-    dalla leva derivano la carrucola (fissa e mobile), il verricello e l’argano;

-    dal piano inclinato derivano il cuneo e la vite.


2. 2 LA LEVA

La leva è una macchina semplice costituita da una sbarra di metallo o da un bastone rigido. Ciò che trasforma una semplice asta in una “macchina”, è la sua possibilità di ruotare attorno a un punto, chiamato fulcro (che si indica con F).
Su un’asta agiscono due forze, che la fanno diventare una leva: la resistenza (R) e la potenza (P).

Anche il fulcro esprime una forza - reazione vincolare (V) o forza di reazione del fulcro - che reagisce alle prime due sopportando gli sforzi a cui il fulcro è sottoposto.

Si definisce braccio della potenza la distanza tra il punto dove si applica la potenza e il fulcro (e si indica con p).

Si definisce braccio della resistenza la distanza tra il punto dove si applica la resistenza e il fulcro (e si indica con r) ►FIG. 4.

Se tutte le forze applicate si annullano reciprocamente, si ha la condizione di equilibrio.

Possiamo esprimere così la relazione che lega tra loro la potenza e il suo braccio, la resistenza e il suo braccio, definendo la condizione di equilibrio:


P : R = r : p


oppure:


R x r = P x p


A seconda di come sono collocati fulcro, potenza e resistenza, si distinguono leve di primo, secondo e terzo genere.


►    Leva di primo genere. Si ha quando il fulcro si trova tra la potenza e la resistenza.

La leva è vantaggiosa se il braccio della potenza (dove si applica la forza motrice) è maggiore del braccio della resistenza; oppure se per raggiungere la condizione di equilibrio bisogna applicare una forza di intensità minore di quella della resistenza.

La leva è svantaggiosa se il braccio della potenza è minore di quello della resistenza.

La leva è indifferente se il braccio della potenza è uguale a quello della resistenza.

Il fulcro, nella leva di primo genere, reagisce con una forza V che è la somma dell’intensità delle altre due forze e ha verso contrario.

Esempi di leva di primo genere sono le pinze, le forbici e il remo.


►    Leva di secondo genere. Si ha quando la resistenza si trova tra il fulcro e la potenza.

È un tipo di leva sempre vantaggiosa, poiché il braccio della potenza è sempre maggiore di quello della resistenza.

Il fulcro, nella leva di secondo genere, reagisce con una forza V che è la differenza delle intensità tra resistenza e potenza e ha verso uguale a quello della potenza.

Esempi di leva di secondo genere sono l’apribottiglia, la carriola e lo schiaccianoci.


► Leva di terzo genere. Si ha quando la potenza si trova tra il fulcro e la resistenza.

È un tipo di leva sempre svantaggiosa, poiché il braccio della potenza è sempre minore di quello della resistenza.

Il fulcro, nella leva di terzo genere, reagisce con una forza V che è la differenza delle intensità tra potenza e resistenza e ha verso uguale a quello della resistenza.

Esempi di leva di terzo genere sono la pinza per il ghiaccio, la vanga e la canna da pesca.



2. 3 IL PIANO INCLINATO

Il piano inclinato è una superficie rigida che forma un angolo con il piano orizzontale, compreso tra 0 e 90o.

Fin dalle epoche più antiche il piano inclinato è stato utilizzato poiché consente di portare i pesi a un livello più alto con uno sforzo minore.

Immaginiamo un cilindro del peso di 2 kg: se lo sospendiamo a una corda e non vogliamo che cada, dobbiamo applicare sulla fune una forza P di 2 kg, uguale e contraria al peso G del cilindro A.

Se appoggiamo il cilindro su di un piano inclinato di 30o, come in B, per impedirgli di cadere la forza che dovremo applicare sarà solo di 1 kg. Perché?

Il segmento OR rappresenta il peso del cilindro che tira il corpo verticalmente verso il basso, e corrisponde alla forza di gravità.

Il moto del corpo, però, segue la direzione del piano inclinato.

Quindi, l’intensità della forza di gravità verrà scomposta lungo due direzioni e si otterranno due forze:

-    una, Fj parallela al piano, che spinge il cilindro in avanti;

-    un’altra, F2 perpendicolare al piano, che spinge il cilindro verso il basso. La forza P è quella che, opponendosi alla Fr non lascia scivolare il cilindro: tale forza sarà pari a 1 kg.

Maggiore sarà l’inclinazione del piano, maggiore sarà lo sforzo necessario per spingere il corpo verso l’alto e viceversa.


2. 4 LE ALTRE MACCHINE SEMPLICI

Di seguito sono esaminate le macchine che derivano dalla leva (carrucola, verricello e argano) e dal piano inclinato (cuneo e vite).

2. 4.1 LA CARRUCOLA

È una ruota che ha sul bordo una scanalatura chiamata gola, che consente di farvi passare una corda o una catena.

La ruota deve essere in grado di girare attorno al proprio asse, il mozzo, che è sorretto da un supporto, la staffa.

► La carrucola fissa ha la staffa collegata a un sostegno che può essere una barra o una trave:

-    la forza resistente è legata a uno dei due capi della corda che viene fatta passare per la gola della ruota;

-    la forza motrice è applicata all’altro capo della fune.

La carrucola può essere considerata una leva di primo genere: infatti i bracci, quello della potenza e quello della resistenza, sono equivalenti perché sono entrambi raggi della carrucola.

Il vantaggio che offre la carrucola non consiste nel ridurre la forza motrice, ma nella possibilità di sollevare un peso direttamente e in modo più comodo tirando una fune dall’alto verso il basso, in modo da sfruttare il peso del corpo di chi tira FIG. 5.

► La carrucola mobile ha nella staffa il punto di applicazione della forza resistente. Un capo della corda è fissato a un sostegno, mentre all’altro capo è applicata la forza motrice. Essendo i tratti di fune disposti in modo parallelo, la macchina tende a ruotare non attorno all’asse della carrucola ma attorno al punto di contatto del tratto di fune fissa con la carrucola: ovvero, se nella carrucola fissa era la fune a scorrere sulla ruota, in quella mobile avviene il contrario ►FIG. 6.

La distanza tra il fulcro e il punto di applicazione della forza motrice corrisponde quindi al diametro della ruota; la distanza tra il fulcro e il punto di applicazione della forza resistente corrisponde invece al raggio. Perciò, per garantire la condizione di equilibrio delle forze è sufficiente che l’intensità della forza motrice sia la metà di quella resistente.

Quindi la carrucola mobile, che possiamo considerare una leva di secondo genere, è sempre vantaggiosa.

2. 4.2 IL VERRICELLO

È una macchina costituita da un cilindro, detto tamburo, disposto in modo orizzontale: su di esso si avvolge una corda alla quale è applicato un carico, ovvero la forza resistente.

Il tipico esempio di verricello è il pozzo: il secchio, attaccato a una corda avvolta attorno a un cilindro, viene fatto salire e scendere facendo ruotare una manovella.

Il tamburo può esser fatto girare manualmente, ma anche grazie a un motore idraulico che muove un ingranaggio che moltiplica la forza motrice FIG. 7.

2. 4.3 L’ARGANO

A differenza di quanto avviene nel verricello, l’asse di rotazione nell’argano è disposto verticalmente.

Il tipico esempio di argano è la macchina che muove l’ancora nelle imbarcazioni: svolgendo la catena, “getta” l’ancora: riavvolgendola la recupera FIG. 8. Verricello e argano corrispondono a una leva di primo genere dove il fulcro è situato nell’asse di rotazione.

2. 4.4 IL CUNEO

È una macchina semplice che deriva dal principio del piano inclinato; in pratica esso è formato da due piani inclinati uniti per la base.

Il cuneo è un prisma triangolare che, visto in sezione, risulta essere un triangolo isoscele con il vertice rivolto verso il basso. Il suo lato minore AB prende il nome di testa; i due lati obliqui AC e BC, detti fianchi, si uniscono al vertice C chiamato punta o tagliente FIG. 9.

La resistenza è applicata in modo perpendicolare ai fianchi AC e BC, mentre la potenza viene applicata alla testa AB.

Il cuneo viene usato per separare in due parti un corpo unico. Quanto più il cuneo è lungo e sottile, tanto più diminuisce la forza che occorre applicare. Il cuneo è una macchina sempre vantaggiosa, perché la potenza applicata è sempre minore della resistenza da vincere. Sfruttano il principio del cuneo tutti gli oggetti che servono per tagliare o penetrare come i coltelli, le asce, ecc.

2. 4.5 LA VITE

Osservando bene una vite possiamo notare che è un piano inclinato: si avvolge infatti su un cono molto allungato FIG. 10 , creando una particolare scanalatura disposta a elica, che si stringe sempre più avvicinandosi alla punta, chiamata filetto.

Dovendo avvitare un pezzo di legno:

-    basta spingere e far ruotare la punta della vite contro il legno: esercitando una forza relativamente piccola, si riesce ad annullare la resistenza del legno;

-    si può avvitare una vite nella sua madrevite.

La madrevite è un pezzo di legno, di metallo o di plastica, forato e filettato in modo da ricevere una vite che gira nel suo filetto.

Vite e madrevite combaciando si bloccano tra di loro, sviluppando forze molto elevate.

Gli impieghi quotidiani della vite sono numerosi: contenitori, vasetti, lampadine, rubinetti, morsetti e tanti altri oggetti si aprono e si chiudono con sistemi a vite.

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