6 LA GLOBALIZZAZIONE

6. 1 CHE COSA SIGNIFICA GLOBALIZZAZIONE?

Il termine globalizzazione indica l’unificazione del mondo dal punto di vista economico, culturale e dei consumi.

Fino a qualche decennio fa le comunicazioni erano rese difficoltose dalle distanze. Oggi, grazie al progresso tecnologico, le distanze si sono accorciate notevolmente:

-    gli aerei e i treni ad alta velocità ci consentono di compiere lunghi viaggi in poche ore;

-    i mass-media ci aggiornano in tempo reale, ossia nel momento stesso in cui i fatti avvengono, su ciò che accade e Internet ci permette di recuperare informazioni di ogni tipo e di comunicare con persone che abitano dall’altra parte del mondo.

Spesso sentiamo dire che siamo cittadini di un villaggio globale, di un mondo, cioè, che si è ristretto alle dimensioni di un villaggio per la velocità con cui le informazioni, ma anche le cose e le persone, viaggiano. In un mondo dove le distanze, sia fisiche che culturali, si accorciano fino ad annullarsi, è facile che si affermino prodotti e modi di vivere sempre più internazionali: i nostri jeans arrivano spesso dall’Asia, il cibo che mangiamo proviene da molti Paesi dell’Unione Europea ma anche dall’Africa e dal Sud America, la musica che ascoltiamo è soprattutto inglese o americana.

6. 2 ORIGINI E SIMBOLI DELLA GLOBALIZZAZIONE

La protagonista di questo cambiamento è stata l’economia. In questi ultimi anni il mercato economico, dove agiscono l’industria e la finanza, è diventato globale, collegando sempre di più le economie dei vari Paesi.

Le imprese multinazionali sono industrie che hanno aperto sedi in varie parti del mondo e guidano questo nuovo tipo di economia, decidendo:

-    dove fabbricare i loro prodotti (spesso negli Stati in cui i lavoratori vengono pagati di meno);

-    dove aprire i propri uffici (di frequente dove il costo del lavoro è più basso);

-    come influenzare il mercato mondiale per vendere quanti più prodotti al miglior prezzo possibile.

La globalizzazione fa sentire la sua influenza in molti aspetti della nostra vita: la pubblicità, grazie ai mezzi di comunicazione, diffonde gli stessi messaggi dappertutto, indirizzando i nostri acquisti e condizionando il nostro modo di vivere.

È possibile mangiare un certo cibo accompagnato da una data bevanda in ogni angolo del pianeta, così come è possibile indossare un certo tipo di calzatura sportiva o utilizzare un determinato tipo di telefono cellulare, e così via.

In questo modo, senza rendercene conto, o senza dare al fatto molta importanza, stiamo diventando (per il tipo di consumi, per esempio) molto “simili” a persone anche molto lontane da noi.

6. 3 IL MERCATO GLOBALE

L’organizzazione globale dell’economia ha favorito la concentrazione della ricchezza mondiale in tre zone: l’Europa occidentale, l’America settentrionale, l’Estremo Oriente.

In queste tre grandi aree si realizzano più dei due terzi degli scambi commerciali.

Le imprese multinazionali operano nei Paesi in via di sviluppo utilizzando a condizioni economicamente favorevoli le risorse e le materie prime di quei Paesi e usufruendo del minor costo del lavoro.

Agendo in questo modo, le imprese multinazionali vengono spesso considerate responsabili della differenza economica tra Nord e Sud del mondo: in effetti, è difficile negare che la globalizzazione, per come si è realizzata finora, non abbia penalizzato i Paesi in via di sviluppo. Questa è stata la causa della nascita, in diverse zone del pianeta, di movimenti di protesta, chiamati comunemente “no global”.

6. 4 IL PROBLEMA DELL’IMMIGRAZIONE

Negli ultimi decenni lo squilibrio economico tra le zone ricche e povere del mondo ha generato lo spostamento di milioni di persone.

Intere popolazioni fuggono da guerre, fame e miseria, affrontando viaggi durissimi, a volte tragici. Spesso l’accoglienza dei migranti è improvvisata e mal gestita: ciò comporta problemi di integrazione tra gli abitanti delle zone più ricche e i nuovi arrivati. Questi ultimi, per la maggioranza, non possiedono una qualifica professionale, per cui vengono utilizzati nei lavori che la gioventù dei Paesi industrializzati non ha più intenzione di svolgere.

Non bisogna dimenticare che ogni epoca storica ha vissuto importanti migrazioni di popoli, che cercavano occasioni e opportunità per una vita migliore (i barbari al tempo dei Romani, le emigrazioni della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento verso le Americhe).

Nei luoghi in cui l’integrazione tra vecchi e nuovi residenti si è risolta in uno scambio di culture e di conoscenze, ciò ha comportato un beneficio per entrambe le parti, gettando le basi per un sano progresso.

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LA SICUREZZA SUL LAVORO È UNA FORMA DI RISPARMIO

Ognuno di noi trascorre la maggior parte della sua vita lavorando: questa è di per sé una ragione abbastanza valida per lavorare senza rischiare inutilmente la propria integrità fisica e mentale.

Quando sentiamo parlare di sicurezza sul lavoro in TV o sui giornali, spesso è avvenuto un incidente che ha causato delle vittime. Eppure, come dice la nostra Costituzione all’articolo 1, «l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro»: occorrerebbe non solo creare posti di lavoro, ma anche fare in modo che le persone che li occupano possano lavorare serenamente e senza incidenti.

Per evitare il più possibile la mancanza di sicurezza sul lavoro, il mezzo più importante è la prevenzione, che si può esprimere in due modi:

-    prevenire gli infortuni che possono verificarsi nei luoghi di lavoro;

-    prevenire la manifestazione di malattie professionali, che possono apparire in qualunque momento della vita di un lavoratore, anche dopo il termine della carriera lavorativa.

L’infortunio si può attribuire alla fatalità solo in pochissimi casi; la malattia professionale può comparire dopo un periodo più o meno lungo di esposizione a rischi specifici.

In base alla legge, i datori di lavoro hanno l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e mentale di coloro che lavorano nella loro impresa.

La salute e la sicurezza non sono solo un diritto dei lavoratori, ma anche l’occasione per migliorare il rendimento economico dell’impresa: il costo degli infortuni sul lavoro grava infatti sul rendimento dell’azienda e, sommando tutti gli infortuni, anche sull’economia del Paese.

Quando si verificano degli infortuni, le imprese sono obbligate a subire rallentamenti nella produzione e a sostenere i costi economici per compensare la mancata produzione dei lavoratori infortunati.

Per garantire misure di prevenzione e protezione adeguate, il datore di lavoro dovrà sostenere dei costi iniziali per:

-    l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (sigla DPI), come guanti, caschi, cuffie, scarpe antinfortunistiche, occhiali protettivi, ecc.;

-    la formazione dei lavoratori come, per esempio, la frequentazione di corsi sulla sicurezza;

-    la sorveglianza sanitaria (per esempio, visite mediche periodiche).

Lo stesso datore di lavoro avrà, però, enormi ritorni economici derivanti da:

-    riduzione del numero di infortuni e delle assenze per malattia;

-    riduzione delle sospensioni del lavoro;

-    miglioramento della produzione e dell’immagine dell’azienda nei confronti dei propri clienti.

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