2 Le energie non rinnovabili

2 LE ENERGIE NON RINNOVABILI

Anche le energie non rinnovabili si ricostituiscono ma impiegano molto tempo per farlo. Per esempio, poiché per la formazione del petrolio sono stati necessari milioni di anni, dobbiamo pensare alle quantità disponibili di questo prodotto come quantità fisse che tendono all’esaurimento. Andando avanti con questo ritmo di consumi, infatti, i combustibili di origine fossile termineranno prima di riuscire a ricostituirsi.

2. 1 IL CARBONE

Il carbone è una sostanza naturale che si è formata milioni di anni fa, quando intere foreste furono sommerse dalle acque e sepolte dai sedimenti. In un ambiente privo di ossigeno, la cellulosa del legno, composta da idrogeno, ossigeno e carbonio, è stata trasformata dai batteri anaerobi (che vivono dove manca l’ossigeno) in carbone fossile, perdendo quasi tutto l’ossigeno e l’idrogeno. È un processo lunghissimo, in cui si ha una lenta diminuzione di acqua e un arricchimento di carbonio. Più alta è la percentuale di carbonio contenuto nel carbone, maggiore è la quantità di calore prodotto nella combustione.
Il carbone fossile può essere estratto sia da miniere a cielo aperto sia, più frequentemente, da miniere sotterranee costituite da profondi pozzi e gallerie. L’estrazione sotterranea è un lavoro molto pericoloso per i minatori che sono esposti al rischio di malattie respiratorie per le polveri che si depositano nei polmoni. Inoltre se la miniera non è ben aerata si può produrre un gas, il grisou, che non ha odore ma è facilmente esplosivo. Il carbone era conosciuto fin dall’antichità, ma è stato sfruttato su larga scala solo a partire dal XIX secolo. Da allora è stata la principale fonte di energia, sino a quando, dopo la Seconda guerra mondiale, l’impiego del carbone è stato superato da quello del petrolio. Gli alti prezzi del petrolio e la migliore distribuzione sul pianeta dei giacimenti di carbone hanno riportato alla ribalta questa fonte di energia, le cui scorte non si esauriranno prima di 250 anni. Il carbone viene impiegato soprattutto per alimentare le centrali termoelettriche ma anche per ricavarne, con adeguati processi chimici, diverse sostanze quali solventi, esplosivi, materie plastiche, coloranti, ecc. L’impiego del carbone è una seria fonte d’inquinamento a causa delle grandi quantità di anidride carbonica (CO2) e di anidride solforosa (SO2) rilasciate nell’atmosfera durante la combustione: esse peggiorano l’effetto serra e favoriscono la formazione delle piogge acide ( Tecnologia, ambiente & società a pagg. 298-300).

I VARI TIPI DI CARBONE - per saperne di PIÙ!

Torba. È il carbone di più recente formazione, derivante dalle piante erbacee. La torba è leggera, spugnosa e ha un colore che passa dal marrone al nero. È molto umida e viene lavorata fino a mantenere al suo interno un 30% di umidità. Poco usata come combustibile, è utilizzata come materia prima per concimi.
Lignite. È un carbone con un contenuto di carbonio intorno al 70% e un’umidità compresa tra il 20 e il 30%. La lignite porta ancora i segni del tipo di legno dal quale proviene. Sottoposta a combustione, produce un potere calorifico tra le 4000 e le 6000 kcal/kg.
Litantrace. Possiede un contenuto di carbonio molto alto, tra il 75 e il 90% e una quantità d’acqua intorno al 5%. È compatto, di colore nero, a volte opaco a volte brillante. È un buon combustibile ed è il carbone più impiegato per la produzione di energia, anche perché è presente in grandi quantità sulla Terra. Ha un potere calorifico tra le 7000 e le 8500 kcal/kg. Dal litantrace si ricava il coke metallurgico, un tipo di carbone molto compatto che si usa negli altiforni.
Antracite. Ha un contenuto di carbonio intorno al 90%, un colore nero lucido e un potere calorifico superiore alle 8500 kcal/kg. È il miglior carbone da combustione, ma è poco reperibile e quindi molto costoso.

POTERE CALORIFICO È la quantità di calorie che si sviluppa durante una combustione. Si misura in kilocalorie per chilogrammo (kcal/kg).

2. 2 IL PETROLIO

Il petrolio è un liquido naturale oleoso di colore bruno verdastro, costituito da una miscela di idrocarburi, composti chimici formati da idrogeno e carbonio. Gli idrocarburi sono numerosi e si differenziano in base alla costituzione delle molecole che li compongono. Il metano è l’idrocarburo costituito dalla molecola più semplice, formata da un atomo di carbonio e quattro di idrogeno. Il termine petrolio significa “olio che proviene dalla pietra”. È il prodotto della decomposizione di sostanze organiche di origine vegetale e animale (piante e plancton) che avviene in particolari condizioni ambientali. La formazione del petrolio è un processo lungo e complesso. La materia organica si deposita insieme ai detriti minerali e l’azione dei microrganismi elimina, gradatamente, ossigeno, azoto e idrogeno, facendo prevalere il carbonio.
I depositi passano poi dallo stato fangoso a quello roccioso e il petrolio si sposta dalla roccia madre alle rocce permeabili più vicine, che si comportano come un serbatoio, realizzando la cosiddetta trappola petrolifera. Il petrolio tende ad accumularsi sulla parte superiore di questa roccia-serbatoio, costituendo il giacimento. Il giacimento di petrolio può essere di superficie, sotterraneo o sotto al mare. Il petrolio di superficie non è di ottima qualità, perciò vengono estratti quello sotterraneo o marino.

Un giacimento petrolifero.

2. 2. 1 LA RICERCA DEL PETROLIO

Il giacimento viene individuato dopo un attento studio della composizione del suolo: se si suppone la presenza di petrolio, si effettuano dei carotaggi. Il carotaggio è la perforazione del sottosuolo che prevede il prelievo di un campione (chiamato carota per la sua forma cilindrica), che può confermare o smentire la presenza di idrocarburi: se i prelievi danno un buon esito, si analizza la loro qualità e, subito dopo, vengono installati i pozzi petroliferi.

Il pozzo petrolifero è composto da un perforatore che lavora insieme a una pompa meccanica: esso può essere montato direttamente a terra o su una piattaforma artificiale, se il giacimento è sottomarino.

Innanzitutto si procede alla perforazione del sottosuolo, praticando un foro di circa un metro di diametro per una profondità variabile (in base a dove si trova il giacimento) tra i 5000 e gli 8000 metri. Man mano che si scende, i tecnici analizzano i detriti portati in superficie per aggiornare i propri dati.

Quando il perforatore arriva alla profondità del giacimento:

-    se la pressione è sufficiente a spingere il petrolio greggio (ancora ricco di impurità) in superficie, l’estrazione avviene naturalmente;

-    se la pressione è insufficiente, l’estrazione sarà effettuata con l’aiuto di un sistema di pompaggio.

L’estrazione continua fino all’esaurimento del giacimento.


2. 2. 2 IL TRASPORTO DEL PETROLIO GREGGIO

Il petrolio greggio è accumulato in serbatoi oppure è direttamente immesso nelle tubazioni dell’oleodotto.

Per portare il petrolio greggio dal luogo di estrazione a quelli di raffinazione, si possono impiegare tre sistemi: gli oleodotti, le petroliere, le autocisterne (autobotti).

1. Oleodotti (in inglese pipelines). I pozzi sono collegati alle raffinerie o ai porti di imbarco per mezzo di una rete di oleodotti. L’oleodotto è composto da una tubazione di acciaio di diametro variabile (30-140 cm) collocata sul terreno o sui fondali marini. La linea di tubazione è spesso interrotta da pompe che imprimono al liquido la pressione necessaria per farlo scorrere.

2. Petroliere o navi cisterna. Nei porti il petrolio viene immesso in serbatoi, in attesa di essere caricato sulle petroliere. Per limitare i rischi di sversamento in mare del greggio, queste navi sono dotate di un doppio scafo. Nonostante le precauzioni, si sono però verificati disastri ecologici con danni dovuti all’inquinamento particolarmente gravi.

3. Autocisterna o autobotti. È il sistema di trasporto che si utilizza per distanze brevi.

2. 2. 3 LA RAFFINAZIONE DEL PETROLIO

Per poter essere utilizzato il petrolio greggio deve essere privato di tutte le impurità: è la fase di raffinazione, che si svolge in stabilimenti chiamati raffinerie.

Innanzitutto, il petrolio greggio deve essere separato dall’acqua e dalle parti solide in sospensione: sali e sabbia.

Quindi il greggio viene riscaldato in uno speciale forno ad alta temperatura, dove avviene la distillazione frazionata. Tramite questa operazione si estraggono dal greggio i vari tipi di idrocarburi, sfruttando il diverso punto di ebollizione di ciascuno di essi. Per esempio, la benzina ha un punto di ebollizione a 150 oC, il cherosene intorno ai 200 oC, il gasolio a 350 oC. La distillazione frazionata consente di recuperare, oltre ai carburanti, anche i gas e gli oli da cui si ricavano il GPL e il bitume.

Il forno è dotato di una colonna di distillazione chiamata torre di frazionamento, che contiene dei piatti divisori messi ad altezze diverse a seconda dei diversi punti di ebollizione dei vari prodotti. In alto si fermano gli idrocarburi leggeri, mentre sui piatti inferiori si depositano quelli più pesanti: ogni piatto divisore ha dei fori che permettono il passaggio delle varie frazioni di petrolio distillato da un piatto all’altro.

I prodotti della distillazione frazionata vengono poi indirizzati verso ulteriori lavorazioni per ottenere i prodotti finali: gas, GPL, benzine, cherosene, gasolio, olio lubrificante, olio combustibile e bitume.

TORRE DI FRAZIONAMENTO

2. 2. 4 A CHE COSA SERVE IL PETROLIO?

Molti prodotti che utilizziamo nella vita di tutti i giorni, provengono dai processi di trattamento del petrolio. Ci sono poche sostanze che possono vantare così tante possibilità di applicazione. In sintesi, le aree di impiego sono due: la produzione di combustibili e le applicazioni nell’industria chimica.

1. La benzina, il gasolio, il GPL e l’olio combustibile vengono usati nelle centrali termoelettriche, per il riscaldamento degli edifici e come carburante dei mezzi di trasporto.

2. L’industria chimica impiega le molecole che costituiscono il petrolio per la produzione di materie plastiche. Gli idrocarburi più utilizzati sono l’etilene, il propilene, il benzene che, trattati adeguatamente, consentono di ottenere molti prodotti di uso quotidiano come i cosmetici, le fibre tessili, gli imballaggi, i fertilizzanti e i prodotti farmaceutici.

2. 3 IL GAS NATURALE

Il gas naturale è composto da idrocarburi allo stato gassoso che

fuoriescono dal sottosuolo in modo spontaneo o attraverso perforazioni. È chiamato anche metano, dal nome dell’idrocarburo che per la maggior parte lo compone. I giacimenti di gas naturale sono legati a quelli di petrolio o di carbone.

Nel passato il gas naturale non veniva sfruttato, ma si liberava nell’aria o veniva bruciato nei pozzi petroliferi. Negli anni Settanta del secolo scorso si trovò il modo per immagazzinarlo e trasportarlo. Quindi il gas naturale da sostanza di scarto si trasformò in materia prima per la produzione di calore ed energia: infatti quando brucia ha un alto potere calorifico.

Esistono diversi tipi di gas naturale, a seconda della composizione chimica, ma, nella maggior parte dei giacimenti, il gas è costituito da:

-    metano all’85%;

-    idrocarburi (etano, propano, butano), anidride carbonica, zolfo, azoto, idrogeno al 15%.

Prima di immetterlo nella rete distributiva occorre sottoporre il metano a depurazione, soprattutto delle parti acquose e dell’azoto, che lo rende poco infiammabile.

Il gas naturale si trasporta facilmente, sia allo stato liquido che gassoso, tramite i gasdotti o metanodotti, interrotti (come gli oleodotti) da stazioni di pompaggio che mantengono costante il flusso del gas.

Il gas può essere trasformato allo stato liquido e trasportato in navi cisterna fino ai depositi, dove il liquido viene riportato allo stato gassoso (rigassificazione) per essere indirizzato nelle reti di distribuzione.

Negli ultimi anni la rete di distribuzione del gas ha raggiunto un livello di capillarità tale da arrivare in tutte le case.
Il gas naturale ha diversi impieghi, sia in ambito industriale che domestico:
- per la produzione di energia elettrica, per mezzo di centrali con speciali macchine, chiamate turbine, alimentate a gas;
- per usi industriali, nei cicli di lavorazione di materiali metallici, nelle cartiere, nell’oreficeria, nella produzione alimentare;
- come carburante, nelle auto a metano dotate di bombole in cui viene compresso;
- per il riscaldamento, nelle caldaie domestiche a metano e in impianti autonomi o centralizzati;
- nelle cucine di case e ristoranti, dove alimenta i forni e i fornelli.

IL GAS NATURALE IN ITALIA - per saperne di PIÙ!

Il gas naturale ha dato un grande impulso allo sviluppo industriale in Italia nella seconda metà del Novecento. L’Italia è stato uno dei primi Paesi europei a utilizzare diffusamente il gas naturale nel dopoguerra, sfruttando i giacimenti situati nella Pianura Padana, nel Mar Adriatico e in Sicilia. Attualmente il gas copre il 15% del fabbisogno nazionale di energia. L’Unione Europea sta incoraggiando l’aumento di questa percentuale, perché l’uso del gas naturale ha un impatto ambientale minore rispetto a quello del petrolio.

2. 4 IL GPL

Il gas GPL, acronimo di Gas di Petrolio Liquefatto, è una miscela di idrocarburi, principalmente propano e butano, prodotta nelle raffinerie di petrolio e gas naturale: non va confuso con il metano perché è più denso e non si disperde in atmosfera, ma tende a depositarsi.
Il GPL viene liquefatto sotto pressione e, dato che in questa forma occupa poco spazio, viene immagazzinato in bombole e serbatoi; essendo incolore e inodore, viene aromatizzato per permettere di individuare eventuali perdite.
Ha un alto potere calorifero e viene usato:
- per usi industriali e domestici;
- come carburate per autoveicoli;
- per le bombole da campeggio, per le bombole da utilizzare nelle case non ancora raggiunte dal metano, per gli accendini.

2. 5 L’ENERGIA NUCLEARE

L’energia nucleare è un tipo di energia ottenuta in seguito a reazioni nei nuclei atomici di elementi chimici radioattivi come l’uranio. Si tratta di una delle forme di produzione di energia più recenti. Nel secolo scorso, infatti, il problema di assicurare sempre maggiori quantità di energia allo sviluppo industriale, spinse l’uomo a ricercare fonti alternative al petrolio e al carbone.
L’uranio (simbolo U) è un metallo non molto abbondante sulla crosta terrestre; se il suo nucleo viene bombardato con un neutrone si spezza in due nuclei più leggeri, il bario (Ba) e il cripton (Kr). Da questa reazione, chiamata fissione nucleare, ossia scissione del nucleo, si liberano una notevole quantità di energia e altri neutroni, che vanno a loro volta a colpire altri atomi di uranio. Si origina così una reazione a catena che, una volta innescata, libera quantità sempre maggiori di energia FIG. 1.

FIGURA 1 Una reazione a catena originata dalla fissione nucleare.

FERMI E LA PILA ATOMICA - per saperne di PIÙ!

La fissione dell'uranio è un processo scoperto nel 1934 da un gruppo di ricercatori tra cui Enrico Fermi (1901-1954). Grazie a tale scoperta si misero le basi per lo sfruttamento dell'energia contenuta nell'atomo; non si era ancora riusciti, però, a trovare il modo di liberare in modo lento e graduale l'energia prodotta, "controllando" la reazione di fissione del nucleo.

La prima apparecchiatura in grado di ottenere tale scopo fu ideata da Fermi ed entrò in funzione nel dicembre del 1942. Tale dispositivo venne chiamato pila atomica o reattore nucleare. Il reattore è formato da un involucro di piombo nel cui interno si trova un cubo di grafite, che è una sostanza che rallenta il movimento dei neutroni; nella grafite vanno inserite delle barre di uranio alternate a barre di boro e di cadmio, sostanze che assorbono i neutroni se sono in eccesso. Per innescare o bloccare la reazione a catena, è sufficiente sollevare o abbassare le barre di controllo.

2. 5. 1 COME FUNZIONA UNA CENTRALE NUCLEARE?

La produzione di energia in una centrale nucleare si articola nelle seguenti fasi ► FIG. 2.

Il nocciolo è la parte fondamentale del reattore ed è formato da un contenitore in cui viene inserito il combustibile nucleare costituito dalle barre di uranio. Nel nocciolo si innesca il processo di fissione nucleare controllato dalle barre di boro e di cadmio, che assorbono i neutroni in eccesso.

►    La fissione controllata produce il calore necessario a scaldare l’acqua e a trasformarla in vapore ad alta pressione.

►    Il vapore fa ruotare le pale di una turbina la cui energia meccanica viene trasmessa all’alternatore e successivamente al trasformatore, che la trasforma in energia elettrica.

Superata la turbina, il vapore viene condensato e poi rientra nel ciclo.

La struttura del reattore è progettata per non lasciare uscire le sostanze radioattive che si sprigionano durante il processo di fissione. Il reattore è inserito in un cilindro d’acciaio inossidabile posto all’interno di un contenitore in cemento armato molto spesso. Anche l’edificio che ospita il reattore è costituito da una solida struttura in cemento armato.


FIGURA 2 ll funzionamento di una centrale nucleare.

LA RADIOATTIVITÀ - per saperne di PIÙ!

Per capire l’origine dell’energia nucleare, bisogna spiegare com’è fatto il nucleo di un atomo. Il nucleo di un atomo è formato da due tipi di particelle: i protoni con carica elettrica positiva, e i neutroni, privi di carica. I neutroni determinano la stabilità dell’atomo: essi si comportano da cuscinetto interponendosi tra un protone e l’altro che, essendo tutti dotati della stessa carica positiva, tenderebbero a respingersi. Gli elementi leggeri (per esempio l’idrogeno o l’elio) sono stabili, hanno cioè circa lo stesso numero di protoni e di neutroni. Alcuni elementi pesanti (piombo, cadmio e uranio) hanno un numero di neutroni più basso rispetto a quello dei protoni; perciò, i neutroni non riescono a tenere unite le particelle e il nucleo si disgrega, dando origine al fenomeno della radioattività. Questi elementi poco stabili si dicono radioattivi perché la disgregazione dei loro atomi avviene con emissione di radiazioni, le stesse radiazioni che si possono utilizzare per fare una radiografia (raggi X) o per bombardare le cellule tumorali.

TECNOLOGIA, AMBIENTE & SOCIETÀ

I RISCHI DEL NUCLEARE

L’utilizzo delle centrali nucleari per produrre energia è messo fortemente in discussione da una parte dell’opinione pubblica. Questo perché le reazioni nucleari producono delle scorie radioattive, costituite sia dai combustibili nucleari esausti sia da tutti i materiali che vengono a contatto con le radiazioni. Tali elementi sono instabili e rilasciano radiazioni anche per moltissimi anni, per cui vengono chiusi in capsule di vetro o di ceramica rivestite di acciaio, per poi essere immagazzinati nella centrale.

Le radiazioni danneggiano in modo grave l’ambiente e i tessuti biologici, aggredendo il patrimonio genetico delle cellule e causando il cancro o mutazioni genetiche ereditarie.

Le centrali nucleari sono dotate di sistemi di sicurezza che riducono al minimo il rischio di fughe di materiale radioattivo.

Purtroppo la fuoriuscita di radiazioni è un evento raro ma non impossibile, come avvenne il 26 aprile del 1986 nella centrale di Chernobyl, in Ucraina FIG. 3. In quell’occasione si verificò il brusco e incontrollato aumento di temperatura di uno dei reattori che causò una fortissima esplosione e un vasto incendio. Si dovettero evacuare più di 300 000 persone dalla regione e una nube radioattiva si sparse fino a raggiungere molti Stati europei, tra cui anche l’Italia. Oltre alle decine di morti accertate, negli anni seguenti all’incidente, si riscontrarono migliaia di casi di tumore tra gli abitanti dagli zero ai diciotto anni, in larga parte attribuibili alle radiazioni.

In Italia erano presenti quattro centrali nucleari, ma dopo il disastro di Chernobyl, nel 1987 fu indetto un referendum che diede un risultato negativo sulla scelta nucleare, per cui le centrali italiane cessarono le loro attività.

Altre Nazioni, come Francia e Giappone, hanno continuato a costruire centrali nucleari, sostenendo di volersi rendere meno dipendenti dai Paesi produttori di carbone e petrolio.

Nel 2011 i reattori della centrale giapponese di Fukushima sono stati sommersi a causa di un violento maremoto, causando perdite di materiale radioattivo con conseguenti gravi danni ambientali. Questo incidente ha dato un duro colpo ai sostenitori del nucleare.

Le motivazioni che ostacolano la costruzione delle centrali sono:

-    la contrarietà di ogni comunità a ospitare nelle proprie vicinanze sia le centrali sia lo stoccaggio (immagazzinamento) delle scorie radioattive;

-    l’alto costo del nucleare dovuto alle spese notevoli per la costruzione delle centrali, alla rarità dell’uranio, alla difesa militare degli strumenti anche da possibili attentati terroristici e allo smantellamento degli impianti a fine attività.


PATRIMONIO GENETICO È una sorta di "libretto delle istruzioni", che contiene informazioni scritte nei geni, contenuti in ogni cellula di ciascun essere vivente.

REFERENDUM È una consultazione diretta del popolo chiamato a pronunciarsi, mediante il voto, su una specifica questione di interesse nazionale.

COME SI DATANO I FOSSILI? - per saperne di PIÙ!

Come fa uno scienziato a dire che l'osso di un animale trovato in uno scavo ha 25 000 anni? L'aiuto è fornito da un atomo particolare di carbonio radioattivo, costituito da 8 neutroni e 6 protoni, e per questo noto come carbonio 14 (14C). Come ogni atomo radioattivo, il 14C si trasforma (decade) rilasciando energia sotto forma di particelle. Il 14C è nell'aria, viene assunto dalle piante tramite la fotosintesi ed entra nella catena alimentare. Si trova quindi nella sostanza organica di tutti gli esseri viventi. Se l'organismo muore, non assume più 14C e, da quel momento la quantità totale di 14C ovviamente diminuisce. Gli scienziati hanno calcolato che la quantità diventa la metà esatta ogni 5730 anni, e questo arco di tempo si chiama periodo di dimezzamento, ed è costante. Misurando il 14C rimasto nell'osso dell'animale, messo in relazione con la quantità di carbonio che poteva essere presente nel suo corpo quando era ancora in vita, si può stabilire con un facile calcolo e una buona approssimazione quanti anni sono passati dalla morte dell'organismo.

TecnoFacile B
TecnoFacile B
I settori produttivi