2 Le grandezze della corrente elettrica

2 LE GRANDEZZE DELLA CORRENTE ELETTRICA

2. 1 TENSIONE, INTENSITÀ E RESISTENZA

Riassumendo quanto detto sinora, l’elettricità è un flusso di elettroni lungo un conduttore.

Abbiamo visto che, per ottenere il passaggio dell’acqua tra due serbatoi, occorre che siano riempiti in modo diverso, che ci sia cioè una

differenza di altezza del livello dell’acqua.

Nel cavo elettrico che collega due corpi ci può essere il flusso della corrente elettrica solo se tra di essi c’è una differenza di potenziale elettrico. Questa differenza di potenziale prende il nome di tensione. Nel caso dei serbatoi, se aumentiamo la differenza di altezza dell’acqua, questa scorrerà più velocemente. Ugualmente, se aumentiamo la differenza di potenziale, ovvero la tensione, aumenterà l’intensità della corrente. A un certo punto, quando non c’è più differenza di altezza tra i due contenitori, il passaggio dell’acqua da un serbatoio all’altro si arresta; così succede anche nel cavo elettrico, con il passaggio degli elettroni, quando la differenza di potenziale va in equilibrio. Per mantenere questa differenza costante, in modo che la corrente continui a passare attraverso il cavo, occorre un generatore di corrente elettrica, un apparecchio, cioè, che mantenga costante la tensione tra i due corpi collegati dal cavo.

Il primo generatore della storia è stato la pila, inventata da Alessandro Volta FIG. 7: è in suo onore che l’unità di misura della tensione è stata chiamata volt e si indica con la lettera V.

L’intensità della corrente misura la quantità di elettroni che attraversano una sezione del cavo elettrico in un secondo; si misura in ampere e si indica con la lettera I.

Per definire in modo completo la corrente elettrica, manca ancora una grandezza: la resistenza del conduttore, ovvero la misura dell’ostacolo che il conduttore oppone al fluire degli elettroni. Anche se il cavo elettrico permette il passaggio degli elettroni, questo può venire influenzato da alcuni fattori: il materiale che costituisce il cavo, la lunghezza del cavo, la sua sezione. Possiamo dire che:

-    se il materiale è un buon conduttore, opporrà una minore resistenza al passaggio della corrente;

-    se il cavo elettrico è molto lungo, gli elettroni troveranno più ostacoli nel loro passaggio e quindi la resistenza sarà maggiore;

-    se la sezione del cavo aumenta, ci sarà più spazio per il passaggio della corrente e la resistenza diminuirà.

La resistenza, ovvero questa specie di attrito che il passaggio di elettroni incontra in un conduttore, si misura in ohm (dal nome del fisico tedesco George Ohm che l’ha scoperta) e si indica con la lettera R.


ATTRITO
In fisica, l’attrito è una forza che agisce opponendosi al movimento di un corpo rispetto a un altro.

STUDIAMO INSIEME
• Che cos’è la tensione?
• A che cosa serve un generatore di energia elettrica?
• Che cos’è la resistenza di un conduttore?

2. 2 LA LEGGE DI OHM

Tra le tre grandezze, tensione (V), intensità (I) e resistenza (R), della corrente elettrica esiste una relazione, chiamata legge di Ohm dal nome del suo scopritore, che dice: l’intensità (I) di corrente che passa in un conduttore aumenta, se cresce la tensione (V), e diminuisce, se cresce la resistenza (R).
Se volessimo conoscere qual è la resistenza di un filo conduttore R, conoscendo la tensione V e l’intensità della corrente I, possiamo ricavare dalla precedente relazione la formula inversa, ovvero:
Se invece volessimo sapere qual è la tensione V tra le due estremità di un filo conduttore, conoscendone la resistenza R e l’intensità I, possiamo scrivere che:
V = R x I

2. 3 LA POTENZA E L’ENERGIA

Intensità, tensione e resistenza elettrica sono “grandezze poco visibili”; ma ci sono anche due grandezze che possiamo valutare a occhio: la potenza e l’energia. La potenza di una lampadina, per esempio, è facilmente valutabile, specialmente se la si mette a confronto con un’altra: se una lampadina è potente, farà molta luce; se non lo è, ne farà poca. La potenza di un’apparecchiatura elettrica di dimensioni casalinghe (phon, macchina per caffè, lampadina, ecc.) si misura in watt. La potenza di una lampadina, per esempio, si calcola moltiplicando la tensione (espressa in volt) che alimenta il circuito elettrico (nelle nostre case è di 220 volt) per l’intensità di corrente (in ampere) che lo attraversa, per esempio 0,2 ampere. Così otterremo 220 volt x 0,2 ampere = 44 watt (potenza della nostra lampadina). Per apparecchi di una certa potenza si usa il multiplo del watt, ovvero il chilowatt. Se il contatore della luce di casa tua FIG. 8 è in un luogo facilmente accessibile, dandogli uno sguardo alle diverse ore del giorno, avrai la possibilità di leggere:
- qual è l’energia elettrica consumata in quel dato momento;
- quanta energia è stata consumata da quando è stato installato l’impianto elettrico fino a quel momento. Le bollette della fornitura di energia elettrica ci dicono qual è stato il nostro consumo in watt nel tempo, consumo che si esprime in chilowattora (kWh).

3 IL CIRCUITO ELETTRICO

3. 1 COM’È FATTO UN CIRCUITO ELETTRICO?

Vediamo, da questo punto in avanti, quali sono le applicazioni pratiche dell’elettricità; ci occuperemo di elettrotècnica, la disciplina che occorre conoscere per costruire, per esempio, un circuito elettrico. Si dice circuito elettrico un percorso chiuso in cui circola la corrente elettrica. Un apparecchio che produce elettricità si chiama generatore; se invece la consuma per svolgere un lavoro, si chiama utilizzatore. Per costruire un circuito elettrico molto semplice è sufficiente procurarsi:
- una pila da 4,5 volt, che è un generatore di corrente;
- una lampadina da 1,5 watt con il suo porta-lampadina, che è l’utilizzatore;
- due pezzi di filo elettrico, che sono i conduttori.
Bisogna innanzitutto spelare (togliere la plastica e scoprire il rame) le estremità dei due pezzi di filo per collegarli a ciascun polo (positivo e negativo) della batteria. Occorre poi collegare le due estremità libere con il porta-lampadina. In questo modo la lampadina si accende perché la corrente ha raggiunto il sottile filamento metallico (solitamente di tungsteno) dentro la pallina di vetro della lampadina e l’energia elettrica ha fatto diventare incandescente il filamento, trasformandosi in energia termica e producendo quello che viene definito l’effetto luminoso. Se si lascia la lampadina collegata, a mano a mano che la pila si scarica, la luce della lampadina diventa sempre più fioca, fino a spegnersi.
Per poter spegnere la lampadina senza scollegare i fili e senza far scaricare la pila, serve un interruttore, il pulsante di plastica (isolante) che usiamo decine di volte al giorno: il suo scopo è aprire e chiudere il circuito elettrico ogni volta che lo premiamo. In condizioni di riposo, cioè a luce spenta, il circuito è aperto; quando si attiva l’interruttore il circuito si chiude mettendo a contatto le parti scollegate del conduttore e facendo passare la corrente che accende la luce FIG. 9.

FIGURA 9 Circuito elettrico aperto (a sinistra) e chiuso (a destra).

3. 2 COME FUNZIONA UNA PILA?

Una pila è un piccolo contenitore dentro al quale si verifica una reazione chimica che libera elettroni.

Le pile, o batterie, sono oggetti energetici che vengono usati tutti i giorni (le troviamo nei telefonini, nei giocattoli, nelle radio e in molti altri oggetti).

Le più comuni sono quelle del tipo zinco-carbone.

Su tutte le batterie è evidenziata la posizione dei due poli:

-    il positivo (indicato con il segno +);

-    il negativo (indicato con il segno -).

È l’informazione più importante, perché quando inseriamo la pila in un apparecchio, se non colleghiamo i poli come richiesto, l’apparecchio non funziona.

Nella parte inferiore della batteria si raccolgono gli elettroni che da lì non si muovono fino a che il polo negativo non viene collegato a quello positivo. Per stimolare il loro movimento è sufficiente unire i due poli con un filo elettrico: in questo modo gli elettroni si muovono verso il polo positivo ►FIG. 10.

La pila è formata essenzialmente da tre elementi:

1.    la tazza di zinco che costituisce il polo negativo;

2.    l’elettrolito, che è una pasta composta da cloruro d’ammonio e cloruro di zinco;

3. una barretta di carbone rivestita da una mescolanza di manganese e grafite, che costituisce il polo positivo: la barretta è ricoperta in cima da un cappuccio di metallo che sporge dal cilindro.
Una rondella di plastica separa il cappuccio di metallo dalla tazza di zinco, svolgendo il compito di isolante, per evitare contatti tra polo positivo e negativo FIG. 11 .
FIGURA 11 Com’è fatta una pila zinco-carbone.

Nel momento in cui i due poli sono collegati, si attiva una reazione chimica nella quale l’elettrolìto toglie allo zinco cariche positive, facendolo diventare il polo negativo della pila. Il flusso delle cariche si dirige verso la barretta di carbone, creando la corrente. Fino a quando le reazioni chimiche non consumano lo zinco, la pila continua a funzionare. Ecco perché una batteria, che non viene utilizzata, può stare per lungo tempo in un cassetto senza scaricarsi. Alessandro Volta costruì la prima pila: sovrapponendo alcuni dischi di zinco e di rame alternati a dischi di carta imbevuti di acqua salata e collegando un filo elettrico ai due poli (uno di zinco e l’altro di rame), produsse un flusso di corrente FIG. 12 .

FIGURA 12 Schema della pila di Volta.

Vi sono poi delle batterie che non si esauriscono, che è più corretto chiamare accumulatori o batterie ricaricabili. Ce ne sono di vari tipi, forme e dimensioni, ma la più conosciuta è la batteria piombo-acido che si trova in tutte le automobili. Dall’esterno si presenta come un contenitore di plastica diviso in sei celle, all’interno delle quali vi sono delle piastre di piombo, immerse in una soluzione di acido solforico (H2SO4) diluito in acqua distillata (l’elettrolito). Sulle piastre sono depositati piombo spugnoso sul polo negativo e ossido di piombo (PbO2) sul polo positivo. Quando è carica, ogni cella ha una tensione di circa 2 volt. Quindi la batteria completamente carica misura 12 volt. Le batterie di questo tipo convertono l’energia chimica in energia elettrica. L’elettrolito contiene cariche positive nell’acqua (H2O) e negative nell’acido solforico (H2SO4); se colleghiamo, per esempio, una lampadina alla batteria, le cariche negative si muovono verso il polo negativo di ogni cella, cedendogli la propria carica elettrica FIG. 13 .


FIGURA 13 Batteria piombo-acido.

3. 3 IL COLLEGAMENTO IN PARALLELO E IL COLLEGAMENTO IN SERIE

Le lampadine (cioè le utilizzatrici) si possono collegare alla batteria in due modi diversi: in parallelo e in serie.

Il collegamento in parallelo è quello del circuito elettrico normalmente in uso nelle abitazioni, dove è possibile attivare un solo utilizzatore (per esempio, accendere un solo elettrodomestico) senza dover attivare tutti gli altri. Se voglio far accendere una lampadina da 6 volt con una pila da 4,5 volt, sarà sufficiente collegare i rispettivi poli con il filo elettrico. Se collego i terminali positivi e i terminali negativi di due pile da 4,5 volt e poi alla lampadina da 6 volt, la lampadina si accenderà con la stessa intensità ottenuta usando una sola pila. In questo ultimo caso, cioè, non cambia il valore della tensione, che è sempre di 4,5 volt, ma si modifica la potenza. Se una pila da sola poteva, per esempio, far durare la lampadina accesa 8 ore, collegandone un’altra in parallelo, la lampadina rimane accesa per 16 ore. Possiamo collegare in parallelo più di due pile, ma devono produrre la stessa tensione: non possiamo, cioè, collegare una pila da 4,5 volt con una da 9 volt perché quest’ulti-ma si scaricherebbe su quella con tensione minore FIG. 14a.

Il collegamento in serie si ha quando il circuito si chiude e tutti gli utilizzatori si attivano, ovvero tutte le lampadine si accendono. Ma se una delle lampadine si brucia, il circuito si apre, facendole spegnere tutte, come succede a volte con le luci dell’albero di Natale.

Possiamo collegare in serie anche pile di tensioni differenti: facendo corrispondere il polo positivo di una pila al polo negativo di un’altra e collegando agli estremi delle pile la lampadina, noteremo subito un aumento di luminosità.

Se usassimo le pile da 4,5 e 9 volt, collegandole in serie ricaveremmo una tensione di 4,5 + 9 = 13,5 volt e così via, aggiungendo pile.

L’unica nostra attenzione, collegando pile con tensione diversa, dovrà essere quella di usare pile che abbiano la stessa autonomia. Se, per esempio, quella da 9 volt ha una durata di 4 ore e quella da 4,5 di 8 ore, collegandole in serie smetteranno di fornire energia dopo 4 ore, quando la pila

da 9 volt si sarà scaricata FIGURA 14a Collegamento ► FIG. 14b. 

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